In evidenza

Maria Soradinis: riflessioni su tecnologia, scienza e pianeta

di Maria Soranidis –

Scienza e tecnologia sono una, effetto dell’altra ed entrambe rappresentano una delle tante frontiere del bisogno umano di trascendere la propria finitezza.

I due ambiti, però, contrariamente a quanto erroneamente si crede non si identificano. La tecnologia, infatti, nasce come prodotto della scienza, come il frutto, cioè, di un percorso di ricerca lungo anni. Questo percorso, spesso disseminato da dolorose delusioni ha per fine, almeno teoricamente, quello di migliorare la qualità della vita dell’uomo, alleviandone le sofferenze e dell’ambiente.

Maria Soranidis

Maria Soranidis

La tecnologia, però, oltre a essere riconosciuta come uno strumento che accorcia le distanze tra il bisogno dell’uomo e la sua soddisfazione è, anche, spesso percepita come qualche cosa di distruttivo, perché non porta con sé la memoria del lavoro che l’ha preceduta.

Gli strumenti tecnologici, privati della loro storia corrono, infatti, continuamente il rischio di essere confusi con gli accessori, dai poteri magici, delle streghe.

Non sono pochi, infatti, coloro che, nel vano tentativo di trovare un colpevole per i mali dell’uomo, additino proprio la tecnologia come la maggiore responsabile.

Così come non è mai cessata la tentazione di ricordare, nostalgicamente, i tempi passati in cui la vita era più dura, perché più carente sul piano tecnologico, ma sicuramente più felice.

Questi nostri tempi sono figli di quelli trascorsi. La cultura intesa, anche, come l’insieme delle produzioni umane esiste, infatti, da secoli, così come il desiderio, anch’esso tutto umano, di eliminare la fatica – la funzione degli strumenti tecnologici è anche questa – e la sofferenza. E non solo.

Demonizzare la dimensione tecnologica equivale, quindi, a negare la naturale propensione dell’uomo ad evolvere, a migliorare le condizioni di vita e per tali ragioni è un atteggiamento che tende ad estraniare l’uomo dalla sua stessa natura, ma anche decontestualizzarla dalle ragioni che l’ha posta in essere produce un risultato tutt’altro che desiderabile.

Questo nostro presente, a ben guardarlo, si rivela proprio come la sintesi di un lungo processo trasformativo, in cui l’uomo ha cercato di superare i propri limiti, perdendo però, talvolta, di vista, lungo il cammino, l’oggetto stesso della sua ricerca.

Il modo di concepire, l’uso ed aggiungerei la previsione degli effetti nel tempo che viene fatto degli strumenti tecnologici dovrebbe, infatti, procedere organicamente in un continuo dialogo tra le parti.

Perdere, o anche solo trascurare, uno di questi fattori significa immettere nel procedimento una variabile, tra le tante inevitabilmente già presenti ed insite in ogni processo evolutivo, dagli effetti indesiderabili e, talvolta, più problematici rispetto al punto di partenza da cui si voleva prendere le distanze.

Per concludere il discorso, che in verità è solo un piccolissimo stimolo alla riflessione, data la complessità del tema in questione, e senza scivolare in una dimensione apocalittica di nicciana memoria, in cui il rimedio è peggio del male, i tempi richiedono di non dimenticare mai l’obiettivo degli studi, delle ricerche e delle applicazioni, dove per obiettivo non si intende solo l’uomo e, in alcuni, casi di rivedere le prassi sinora seguite.

In altre parole l’uomo e l’ambiente, in termini di tutela e non solo, sono oggetto di partenza e fine della scienza e della tecnologia, non mere esercitazioni fine a stesse o peggio al servizio di altro.

Maria Soranidis è laureata in Scienze dell’Educazione presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Perugia.