di Marco Valeriani –
Il nome di Vincenzo Venerandi, nato a San Clemente nel 1852 o giù di lì, poco o nulla dirà ai lettori de “La Piazza”. In realtà il nostro protagonista, sanclementese trapiantato a Morciano di Romagna nel 1894, già parecchio adulto, fu tra coloro che tre anni prima, nel 1891, finirono in manette, a Roma, durante gli scontri scoppiati nel bel mezzo delle celebrazioni del 1° maggio. La famiglia Venerandi non è del tutto nuova alle ricerche storiche. Il fratello di Vincenzo, battezzato per Cristoforo, comparì infatti nell’elenco dei cittadini nati, cresciuti e residenti in Valconca sottoposti a sorveglianza da parte delle forze di polizia e schedati dal Casellario Politico Centrale (CPC) i cui fascicoli si trovano, ancora oggi, conservati all’Archivio Centrale dello Stato. Cristoforo, nel periodo tra il 1912 e il 1929 – quest’ultima parte già con gli occhi del regime fascista puntati addosso – venne descritto come “manifestante idee repubblicane ma non pericoloso”. Un profilo – la vita è proprio strana – ben diverso da quello di Vincenzo; che seppur non contemplato dal CPC – non abbiamo trovato alcun carteggio a suo carico – si fece catturare e condannare per i tumulti di Santa Croce in Gerusalemme proprio in occasione del grande comizio e della partecipata manifestazione voluta dal nascente movimento operaio italiano. Ecco cosa annunciò il giornale “L’Emancipazione” nel numero del 28 giugno 1891.

(Per gentile concessione di Tomaso Marabini)
I giornali dell’epoca
“Le sezioni d’accusa stanno facendo le loro scelte. Ne hanno già fatta una. Gli arrestati del primo maggio sommavano a 220. Una ottantina fu sbrigata in Pretura. Altri cinquanta circa saranno tradotti davanti il Tribunale il 3 prossimo luglio. Per immaginare quali buone intenzioni animino gli accusatori, basta leggere il modo con cui è formulata l’imputazione dei cinquantun carcerati, di cui diamo l’elenco. E non c’è da scherzare; quando si pensi che col nuovo Codice Zanardalliano i giudici di Tribunale possono condannare da 6 giorni fino a… 20 anni di reclusione. Cosi sono più sicuri. Non vi è pericolo di assoluzioni scandalosamente democratiche: i giurati potranno magari assolvere uno, due, tre omicidi confessi – per diverse ragioni – ma i tribunali in compenso potranno sempre condannare anche a 15 anni venti persone sopra la testimonianza, magari, di due solo guardie di P. S. Ed è in questa precisa e promettente condizione di cose che s’aprirà il 3 luglio il processo contro 51 degli arrestati del primo maggio! È da rilevarsi nella motivazione dell’accusa l’astuzia di caricare addosso a 39 imputati la responsabilità di ferimenti… di cui non si sono scoperti gli autori. Che giustizia umana, profonda, e ammiranda!”.

(Arch. Tomaso Marabini)
La condanna
A Vincenzo, 39 anni all’epoca dei fatti, riconosciuto colpevole, toccò in sorte una condanna a 2 anni, 6 mesi e 5 giorni. Scontata la pena, il 4 marzo 1893, la Questura di Roma – come attesta il documento che pubblichiamo in foto – scrisse alla Regia Prefettura di Forlì annunciando il rimpatrio dei tre anarchici Pasquale Pampani e Carlo Sampaoli di Rimini e Vincenzo Venerandi di San Clemente poiché privi di mezzi e di occupazione, sottolineando altresì l’urgenza di vigilarli attentamente.

(Arch. Tomaso Marabini)
Grazie a Tomaso Marabini
Per aver riportato alla luce questo pezzetto di storia, che dedico tutto a San Clemente, il mio personale e sentito ringraziamento va a Tomaso Marabini dell’Archivio Storico Popolare di Medicina: a lui devo i documenti ispiratori dell’articolo.
(articolo realizzato per il mensile La Piazza diretto da Giovanni Cioria)