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Francesca Mairani: il suo primo romanzo,”Volver”, racconta la difficoltà di vivere i sentimenti

Francesca Mairani, oggi montescudese d’adozione, ci è stata segnalata dal pittore livornese, anch’egli montescudese d’adozione, Michele Tempesta. Il suo primo lavoro, Volver, è uscito poco più di un anno fa. Grazie alla disponibilità dell’autrice, vediamo di capirne qualcosa di più.

Prima di tutto una breve presentazione…

Mi chiamo Francesca Mairani, sono nata a Bologna, ma abito a Montescudo dal 2003. Il mio primo romanzo “Volver – un tango un quadro una fuga” è uscito a febbraio del 2019 per Scatole Parlanti, una piccola ma coraggiosa casa editrice, disposta a investire negli esordienti, scelta non così comune, di questi tempi.

Cosa racconta in Volver?

“Volver” è una storia di amori difficili. L’amore di un uomo e una donna, ma anche l’amore di ciascuno di essi per la propria arte: Andrea, pittore che per i suoi quadri “scavalcherebbe il cadavere di chiunque” e Fosca, fisarmonicista, che vive ama e respira al ritmo del tango. Il tango è il mistero che unisce questi destini, con la passionalità e la tragicità che lo caratterizza. Perché – come lo definì Enrique Santos Discepolo – “il tango è un pensiero triste che si balla”, e non a caso il titolo del romanzo è anche il titolo del famoso brano di Carlos Gardel, musicista e cantante argentino, uno dei padri fondatori di questo genere.

Dunque è la storia di due anime destinate ad amarsi o a perdersi per sempre?

Fosca e Andrea si conoscono durante il vernissage della prima mostra personale di Andrea. Fosca si aggira fra le tele esposte, estranea a ciò che la circonda, fino a che non nota un quadro appeso alla parete. Ritrae un uomo e una donna nell’atto di danzare. Il titolo è “Volver”; Fosca non balla il tango, ma lo suona, e decide in quel momento che quel quadro deve essere suo. Comincia così il rincorrersi di due personalità complesse, in disaccordo fra loro e con se stesse, incapaci di legarsi così come di rinunciarsi completamente. Fosca e Andrea si cercano, si allontanano, non riescono a vivere né uniti né distanti. Non è un caso che “volver” in italiano significhi “ritorno”: sono abbandoni e ritorni, fisici ed emotivi, fino all’epilogo. Con loro, personaggi affini e contrari: amici, affetti, ma anche luoghi, suoni, eventi del passato

A quando risalgono le sue prime esperienze con la narrativa?

I primi esperimenti con la scrittura narrativa risalgono agli anni dopo l’università: racconti, qualche pessima poesia; una scrittura acerba e presuntuosa, di chi pensa che essendo una discreta lettrice sarà anche una scrittrice apprezzabile. Non è affatto così. Alla scrittura è necessaria la lettura, ma non le è sufficiente. Occorre anche imparare a guardare la realtà intorno a sé con occhio avido, e quello lo si impara col tempo e con la pratica. 

Volver è allora un romanzo autobiografico?

Una delle cose che mi vengono chieste più di frequente, è se ciò che scrivo è autobiografico. Forse è un parametro per decidere se quello che si è letto è piaciuto oppure no, un po’ come nei film dell’orrore, che “tratto da una storia vera” fa più paura. Posso dire che “Volver” è un libro profondamente autobiografico, ma non di un’unica biografia. Non c’è solo la mia vita: ci sono le mie emozioni, le mie paure, la mia testardaggine, ma della mia biografia non c’è quasi nulla. Non solo non so suonare la fisarmonica, ma disegno come un bambino di cinque anni e non so distinguere l’indaco dal blu cobalto. È un libro autobiografico nella misura in cui ci sono le vite di persone che ho conosciuto, che mi si sono raccontate, di cui ho immaginato le scelte e i destini.

Ho voluto narrare una storia che riguardasse i sentimenti ma soprattutto la difficoltà di viverli, di sacrificare una parte di sé per costruire un noi. L’ho raccontata usando la narrazione in prima persona, esprimendo tutto il sentire di Fosca, affinché fosse chiaro che l’incoerenza, così come l’errore, appartiene a ciascuno di noi ma non è sempre da noi riconoscibile. E ho scelto come protagonisti due persone che vivono di arte, perché penso per quanto l’anima possa sentirsi a tratti soffocare, nell’arte troverà sempre il respiro necessario per condurci avanti.