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Covid-19, Santi a Bonaccini: usciamo dalla zona sanitaria rossa ma le prospettive sono nere

Riziero Santi, Emma Petitti

Il Presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, ha incontrato gli amministratori del Riminese per affrontare assieme a loro le problematiche connesse alla Fase 2 dell’emergenza Covid-19; la fase della ripartenza. Per quanto difficile e piena d’insidie.

Nel suo intervento il Presidente della Provincia di Rimini, Riziero Santi (nella foto con Emma Petitti, Presidente dell’Assemblea Legislativa dell’Emilia-Romagna), dopo aver ringraziato il Presidente Bonaccini e il Prefetto Camporota per il lavoro svolto finora, afferma come oggi il quadro epidemiologico della provincia si sia stabilizzato, il dato delle guarigioni supera quello dei contagiati. Trasmette però tutta la preoccupazione per quello che ci aspetta:

• Usciamo dalla zona sanitaria rossa

• Entriamo nella zona economica nera

“Tutto il Paese subisce i contraccolpi inferti dalla pandemia ma le peculiari caratteristiche del nostro territorio e della sua economia rendono per noi gli effetti della crisi ancora più pesanti e drammatici.

Per fare solo un esempio, dati alla mano dello scorso anno, se l’incidenza del turismo in Emilia-Romagna, rispetto al totale del valore aggiunto, è del 12,3 per cento, in provincia di Rimini la percentuale sale, superando il 24 per cento.

La nostra è una grande economia che si fonda su piccole attività che si sviluppano su un territorio molto ristretto e congestionato. 

Il contrario di ciò che servirebbe ora per la ripresa: grandi aziende con spalle larghe e grande territorio per consentire il distanziamento.

Abbiamo vissuto un terremoto: non si vedono le macerie per le strade ma le conseguenze sulle attività economiche e sull’occupazione, e quindi sulla vita delle nostre comunità, sono purtroppo simili.

• I muri sono rimasti in piedi ma i nostri negozi, i nostri ristoranti i nostri alberghi le nostre spiagge non sono utilizzabili

• I nostri operatori ed i nostri cittadini sono rimasti imprigionati dalla pandemia

È evidente l’oggettiva difficoltà di conciliare la ripartenza delle attività economiche con la necessità imprescindibile di garantire la sicurezza sanitaria, trovando quel giusto equilibrio che, senza mettere in pericolo i soggetti più esposti e senza vanificare i sacrifici fatti da tutta una comunità negli ultimi due mesi, consenta al Paese di non precipitare in un abisso fatto di disoccupazione e fallimenti, di minori servizi ai cittadini, in una parola di povertà.

Noi abbiamo dimostrato di essere persone responsabili, e proprio perché lo siamo fino in fondo oggi vogliamo assumerci la responsabilità di dire che vogliamo ripartire. In sicurezza, ma vogliamo ripartire.

Per ripartire abbiamo bisogno di aiuto.

SERVE “UN PIANO STRAORDINARIO PER SALVARE RIMINI” (inteso come territorio provinciale)

1. Serve liquidità vera per le nostre imprese, senza ritardi e senza furbizie delle banche.

2. Servono aiuti per le famiglie che non ce la fanno (Cassa integrazione, salario di emergenza, bonus).

3. Servono protocolli di sicurezza fattibili ed economicamente sostenibili.

Turismo e commercio sono accomunati da un identico problema connesso al rispetto dei protocolli sanitari per le aperture in sicurezza: non intendo certamente sostituirmi agli esperti delle task force che lavorano con serietà e competenza su questi temi, ma ritengo sia auspicabile trovare formule di distanziamento che consentano un ordinato svolgimento delle attività di vendita al dettaglio, di ristorazione e di accoglienza, ma che non si traducano infine, in buona sostanza, nel messaggio RESTATE CHIUSI.

4. Serve mettere in sicurezza i bilanci degli Enti locali.

Perché minori entrate tributarie per gli enti locali si traducono in minori servizi erogabili alla collettività e minori servizi significa ridurre la capacità di aiutare cittadini e imprese.

I bilanci degli Enti locali dovranno fare i conti con pesanti riduzioni di entrate (quelle derivanti da tributi sono stimate nell’ordine del 30–40% in meno fra Tari e Addizionale Irpef) contestualmente ad un’impennata dei costi per contributi alle famiglie e alle aziende e per i servizi in emergenza. I Comuni a vocazione turistica risultano poi ancora più penalizzati di altri per il prevedibile e drastico calo degli introiti della tassa di soggiorno.

Noi metteremo mano a tutto cio che possiamo mettere mano: all’avanzo d’amministrazione, rinegoziazione dei mutui, aumento dei dividendi dalle partecipate.

Non possiamo mettere mano nelle tasche dei cittadini.

5. Servono contributi straordinari dallo Stato.

Ebbene si, siamo molto arrabbiati col governo nonostante riconosciamo gli sforzi fatti. Ci aspettavamo e ci aspettiamo semplicemente la giusta considerazione nei confronti di una economia strategica come il turismo.

I comuni turistici contribuiscono in maniera più che proporzionale alla finanza dello Stato attraverso un meccanismo del Fondo di Solidarietà comunale che penalizza il nostro sistema territoriale. Abbiamo l’assoluta necessità che si pongano in atto correttivi nelle modalità di riparto del fondo così da tener conto del contesto reale in cui si trovano i Comuni.

6. Serve anche un impegno straordinario della Regione che per la verità non ha mai fatto mancare.

7. Serve rivedere l’impianto normativo che regola il rapporto con le grandi società di servizi; l’Ente locale è debole nel confronto con queste, una debolezza che alla fine pagano i cittadini.

8. Servono risorse per gli investimenti.

Infrastrutture: viabilità, sicurezza del territorio, connettività, scuola, trasporto pubblico, ecc.

9. Servono strategie territoriali innovative

La nuova pianificazione territoriale deve fare i conti con ciò che ha messo in campo l’emergenza Covid-19. Occorre ripensare il tempo, lo spazio, l’ambiente.

10. Il ruolo fondamentale della cultura come sistema educativo e come capacità di elaborare una visione coerente del mondo che sappia aiutarci a capire e superare le crisi in atto. Artisti, letterati, scienziati, ricercatori, docenti e molti altri oggi possono essere il tessuto connettivo di un nuovo sistema sociale.

Come il Presidente Bonaccini sa benissimo, noi romagnoli abbiamo nel Dna la capacità di reinventarci continuamente e di tirar fuori il meglio nelle situazioni più difficili. Chiediamo allora a lui – e quindi alla Regione – e al Governo di metterci nelle condizioni di poter ripartire.

Ora mi rivolgo a noi stessi, ai sindaci e al sistema territoriale riminese.

Continuiamo nel solco della collaborazione. Dimostriamo ai nostri cittadini e soprattutto ai giovani che siamo coesi. Impegnamoci a fare squadra, a lavorare tutti insieme superando le divergenze e gli individualismi.

Il nostro non deve essere percepito come il grido della disperazione ma della volontà di riemergere di rimboccarci le maniche e di lavorare duramente con quello slancio di inventiva e quello spirito intraprendente che da sempre ci contraddistinguono”.