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Saludecio, la storia di Cristina: “Con la capacità di percepire visivamente i defunti, io ci sono nata”

di Marco Valeriani – 

“Con la capacità di percepire visivamente i defunti, io ci sono nata. Non si tratta di un’eredità allenata allo scopo. Piuttosto un’abilità che mi porto dietro fin da giovanissima”. 

Cristina A., saludecese, non fa mistero della sua ‘specialità’ che ama definire ‘normale’. Non la considera un dono. Piuttosto un qualcosa con il quale ha imparato a convivere. E ciò nonostante gli sguardi perplessi di chi asseriva scaturisse soltanto come frutto della fervida immaginazione. 

“A volte ho fatto finta di non vederle queste ‘presenze’. Tacevo”. “Sono nata prematura l’11 ottobre 1977: dichiarata clinicamente morta. Invece, eccomi qua. Per dare spiegazione logica alle mie capacità percettive, si azzardava derivassero addirittura da una possibile/probabile ipossia cerebrale patita durante il parto e che tale ipossia avrebbe potuto provocare, già da allora, l’alterazione delle funzioni cognitive. Insomma, una ‘svalvolata’. La nonna materna era arrivata a pensare che io fossi la ‘prova’ vivente del fatto che il Diavolo volesse mettere alla prova la sua fede religiosa tramite me, Cristina”.

Le prime percezioni a quale età risalgono?

“Le prime percezioni le ho avute attorno ai 5-6 anni. Quando mi ammalavo, succedeva spesso di vedere quelle che io chiamo “mani di luce”. Mi abbracciavano e poi scomparivano. Il mio rapporto con queste presenze è sempre stato perlopiù pacifico ed incruento. Vedevo figure di varia tipologia passeggiare per casa, alcune ai bordi del letto. Alcune di esse chiedevano la mia presenza in chiesa, l’accensione di una candela votiva e una preghiera di conforto. Mai visto nulla di mostruoso”.

In che modo si manifesta la percezione?

“Percepisco lo stato d’animo della presenza. Presenze legate a persone che avrò visto 2-3 volte, oppure persone decedute; oppure assolutamente sconosciute e di etnie differenti. Qualcuno lo ‘sentivo’ pure parlare, non nel modo classico; piuttosto dentro la mente”.

Presenze percepite soprattutto di notte o durante il giorno?

“La notte raramente. La mattina in particolare. Un rapporto privilegiato con l’altra dimensione, inteso come normale e naturale”.

Episodi che ricorda meglio?

“Beh, mi è capitato in un luogo pubblico, in cui vado abitualmente a studiare, di chiedere scusa ad una presenza (fantasma?) mentre salivo le scale: chiedevo scusa perché stavo per travolgerla. La stessa presenza, un ragazzo dai capelli scuri, ricci, vestito con jeans e giubbotto in pelle, età 30-35 anni, ritrovato poi in un’altra occasione e comodamente seduto al tavolo da lavoro. C’è da ricordare poi la volta in cui diverse persone, riunite in una sala ed intente a fare meditazione, hanno chiaramente percepito un’improvvisa corrente d’aria, l’abbassamento repentino della temperatura, avvertito dei passi umani ma, a differenza della sottoscritta, non si sono avveduti di una figura, una ragazza, che indossava la camicia bianca da notte in stile Ottocento, lunga fino alle caviglie, capelli sciolti, volto triste, attraversare tutta la stanza, ‘sfondare’ la parete e svanire nel nulla”.

Queste presenze cosa vogliono da lei?

“Vogliono essere ascoltate, considerate, accettate. Cercano sollievo e desiderano comunicare. È il caso del padre di un’ex amica. Un uomo vestito in un certo modo che mi stava offrendo una rosa, il fiore preferito dalla ragazza, scomparso da un anno e mezzo dopo una lunga malattia. Desiderava far sapere alla figlia, sempre attraverso me, che lui avrebbe continuato comunque a proteggerla e vegliarla seppur non più nella vita terrena”.